Vite in transito attorno a te
È un travaso di ricordi il tempo che viviamo e occorre fare attenzione che non vada perso, che non trabocchi, finendo per disperdersi sul pavimento o calpestato da scarpe frettolose. Era il 1 giugno 1964 e quel giorno papà indossava un completo nero, mamma un abito di lino color acquamarina e la Cattedrale di Ferrara, un caleidoscopio color giugnocielo. Una cerimonia semplice, i testimoni e i parenti più stretti, per una felicità ferita dalla recente scomparsa della madre di mio padre, ma la luce negli occhi di mia madre ogni volta che ricordava quel giorno è la più bella foto di matrimonio che abbia mai visto. Dopo un breve viaggio di nozze in Liguria l’inizio di una vita nuova in Toscana, dove di casa in casa è trascorsa per ventisei anni.
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Tra i regali di nozze c’eri anche tu, il nostro album di famiglia. Sopravvissuto a ben otto traslochi e all’alluvione di Firenze, hai fatto da invaso ai giorni di piena, lasciando sbocciare i ricordi dei giorni felici. Durante il quinto trasloco, nonostante tutte le attenzioni possibili, ti sei procurato una crepa che da allora scorre verticale come una lacrima. Mentre i mesi srotolavano come tappeti, hai visto lui andare via per primo e lei raggiungerlo dopo ventun anni. Hai visto me rimuovere come meglio potevo le macerie dai giorni, cercando un accordo tra le ore a venire e la polvere residua nel cuore.
Ti è rimasta addosso, non so come, la luce delle case vissute, le ombre delle cose smarrite e mentre chiunque vede su di te solo lievi decori floreali, io ci vedo lo scorrere delle stagioni, il loro fiorire e sfiorire sempre diverso. Siamo qui adesso a raccontarci ogni giorno che andrà tutto bene perché conosciamo entrambi la dolcezza di quella torta di mele, la morbidezza di quella crema al limone e la serenità del sentirsi amati.
Tu sei il mio talismano della felicità e nei giorni di nuvole che, come cantava Fabrizio De Andre’: vanno, vengono, ritornano e magari si fermano, tanti giorni che non vedi più il sole e le stelle e ti sembra di non conoscere più il posto dove stai, quando arrivano quei giorni, sfioro le tue pagine e mi lascio abbracciare dal coro di voci allegre e dai sorrisi. Diventi così un pontile che unisce la liquidità di questo tempo vuoto alla solidità di quei momenti insieme, da cui ogni tanto fuggivo per addomesticare gli spazi, per allontanare da me la paura che divorava il tempo. Adesso siamo qui senza premesse, e senza promesse che non saprei mantenere, ma con la granitica certezza che ovunque io vada la vita continuerà a transitarti attorno perché tu conservi tutte le più belle fotografie, quelle che rivedo anche ad occhi chiusi.
Nel mio nomade bisogno di andare cercherò sempre un motivo per restare, perché il primo passo, il più pesante, può solo toglierti da dove sei, ma solo scegliendo chi essere, sei veramente in cammino.
Verso un luogo incompiuto, dove casa è anche un vaso di ceramica sulla Via Lattea, con un giardino di stelle marine, ad un passo dal mare. E tu alla finestra che aspetti il mio ritorno tra tulipani gialli e margherite, e un giugnocielo nel cuore. Per sempre.