Terra alla terra
Passo le dita nell’interno immaginando cioccolata o sugo, marmellata o crema; avida di dolcezza e decisa a non lasciare niente a nessuno. Guardo l’indice e poi giro le mani guardandomi i palmi e le punte delle altre dita. Nessun colore, solo un velo di grigio chiaro; polvere che si deposita instancabilmente sulle cose di questo negozio.
Ho percepito le budella della tazza, immaginato le serpi rotolate sul banco di scuola, le manine di una me bambina con trecce e grembiule che sta cercando di costruire un qualcosa di stabile da regalare ai genitori per Natale; qualcosa di orribile che occhieggerà finché qualcuno, per la felicità inespressa di mio padre, lo frantumerà per sbaglio.
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Ne son passati di anni, ormai! Ricordo i miei oggetti, quelli di mia sorella minore e poi quelli dei miei figli e forse tra qualche anno, avrò quelli di mio nipote. Certo questi, son fatti a Montelupo, da ceramisti esperti; loro le serpoline di terra umida le sanno davvero fare!
Ho nel naso l’odore di quell’impasto grigio e sulla pelle sento la rigida crosta che si sbriciolava se non la si sciacquava via subito.
Entrano dei turisti.
“Ohhh, nice!” dicono loro.
“Ceramic!” preciso io. Penso ai torni e alle mani sporche di terra, brillanti di creatività.
Ripetono quella vocale rotonda e meravigliata per ogni bricco, piatto, ciotola che toccano. Qualcuno è più interessato alle tradizioni e allora spiego l’antichissima storia di questi oggetti. I Fenici, le navi, le tradizioni, le sale dell’Accademia dove si fanno code che si divincolano tra le vecchie case di Firenze, possente Guardiano: il Cupolone del Duomo e il Cavallo di Piazza Santissima Annunziata.
Magari sono in coda solo per il David, ma la troveranno, scopriranno la meraviglia della ceramica e chi è già stato qui, da me, si potrebbe forse ricordare, delle storie, delle oliere o dei vassoi che, sugli scaffali durante il periodo invernale, si coprono di polvere, aspettando proprio loro che li ammireranno, quando, con indosso solo un vestito leggero, viaggeranno armati di tecnologia e gelato, esclamando quelle simpatiche “Oh!!!” incontrando le meraviglie del nostro Paese.
Torno alla famiglia bionda e seminuda che osserva tutto e sorride. I bimbi sono attratti dalle tazzine con i disegni dei cipressi delle nostre colline, toccano il bordo ed io tremo.
“Don’t touch!”
Scelgono. Imballo. Saluto.
Pericolo scampato.
Un pezzo di questa terra impastata con i miei ricordi se ne vola via lontano e chissà se in quella città verrà spolverata, usata e poi un giorno, sbriciolata sul pavimento e buttata per poi tornare ad essere terra nella terra, anche se straniera.
Una tazza, come un essere umano: polvere che torna alla polvere.
Amen! E… “bye bye!”