Suor Lorenza
La storia della mia ceramica risale a molti, molti anni fa. Era il 1955 e frequentavo l’asilo infantile “Carlevarini” di S. Bernardo in Valle. Per comprendere ciò che mi lega ad essa bisogna far riferimento ad alcuni fatti che sono rimasti particolarmente impressi nella mia memoria di tenera bimbetta e che vado a narrare.
«Bambini, ordinatamente ci mettiamo in fila e andiamo in giardino; mi raccomando, si parla sottovoce e non si corre nel giardino».
Leggi tuttoIn realtà, era un cortiletto sulla parte interna dell’asilo. C’erano alcune siepi ai lati e, sul fondo, appesa a due cavi che pendevano da un albero, dondolava un’altalena. Quando era stagione le siepi (di caprifoglio) si ricoprivano di corolle profumate con cui ci divertivamo a comporre ghirlande perché i fiori si prestavano a essere infilati uno nell’altro. L’altalena era quasi sempre occupata e allora, per passare il tempo, mi incantavo a osservare suor Germana che raccoglieva le verdure nell’orto poco distante.
Mi piacevano le melanzane dal colore violaceo, i pomodori rossi che venivano riposti ordinatamente in un cesto, l’insalatina tenera, la zucca lunga lunga e gialla che pendeva da una riva. Il mio era soltanto un interesse cromatico per le verdure dell’orto, non certo culinario. Non collegavo che sarebbero finite nel pentolone della cucina…
«Bambini, lavatevi le mani, mettete i bavaglini e sedetevi ai vostri posti. Sta arrivando il pranzo». Quello era un giorno speciale perché nell’aria si era già diffuso il profumo del minestrone. Penserete: i bambini, specialmente quelli in tenera età, non lo apprezzeranno perché la verdura non è proprio un alimento gettonato. Invece no, non era così , perché il minestrone di suor Lorenza era superlativo, tanto da richiedere il bis.
Due suore arrivavano davanti al tavolo portando un’enorme pentola in alluminio, la poggiavano su una base di legno messa a terra, quindi spuntava dalla cucina suor Lorenza, col mestolo, il suo grembiulone immacolato e iniziava a distribuire la prelibata zuppa nei piatti (di latta) che via via le porgeva suor Germana. Allora ero piccola e a certi particolari non prestavo attenzione, ma ripensandoci oggi avrei dovuto notare quanto era bianco e senza una macchia il grembiule della suora, sembrava che non fosse stata lei a cucinare. Invece era proprio opera sua quel minestrone denso al punto giusto, con la pastina dalla forma “simpatica”.
Le verdure che erano finite in pentola erano proprio i prodotti dell’orto che veniva coltivato dietro all’asilo dalle suore stesse, quindi raccolti al massimo della freschezza e cotti con amore. Sono trascorsi molti, molti anni, e di minestroni ne ho mangiati tantissimi, buoni e meno buoni, ma il profumo, il sapore di quello di suor Lorenza non lo dimenticherò mai.
Dopo la pensione mi sono dedicata alla ceramica, un sogno custodito nel cassetto e finalmente realizzato. L’incontro con la creta è stato un amore inaspettato che rallegra le mie giornate alla ricerca di nuovi spunti per dar vita a nuovi soggetti. Creo personaggi, soprattutto suore, immersi nel loro universo semplice e ironico della vita quotidiana a mo’ di fiabe rivisitate in situazioni che fanno sorridere chi le osserva e attendono tanti “fanciulli” di ieri e di oggi, disposti a sognare, a riappropriarsi dei sogni, delle stelle.
Le suore che ho prodotto sono molte, ma sono particolarmente affezionata a “L’orto del convento” in cui ho voluto rappresentare suor Lorenza alle prese con le molte verdure utili e indispensabili a realizzare il suo minestrone di cui percepisco ancora il sapore e il profumo.