Il mio vaso di Pandora
Avevo solo 5 anni quando ho iniziato ad andare ad Albisola in villeggiatura. Prima in tenda poi in roulotte ma sempre nel campeggio Anita, quello appena fuori dalla galleria. Lì ho passato la mia fanciullezza la mia adolescenza e il resto della mia vita fino al 2013 con la morte di mia mamma.
Quando ero poco più di una bambina c’era nella viuzza della gelateria Ghersi. per andare al cinema dell’oratorio, una piccola bottega artigianale di ceramiche. Una piccola vetrina ma dentro uno spazio che a me sembrava immenso. Passavo e ripassavo sempre di lì e sempre più incuriosita; certo non per comprare, perché anche allora i costi non erano alla portata del portafoglio di mia mamma, ma solo per vedere come nascevano i pezzi, sopratutto come venivano dipinti.
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Un giorno il signore che stava sempre in fondo a dipingere mi chiese se volessi entrare, visto e considerato che ero sempre lì. Entrai e da quel giorno scoprii grazie a lui la ceramica di Albissola… la prima cottura, la seconda e la terza per la decorazione a pennello. Con solo un colore egli faceva dei capolavori. I castelli e i vascelli prendevano vita su piatti, vasi e piastrelle.
Passavano gli anni ma una scappata la facevo sempre in quel negozietto anche dopo, penso, la morte del bottegaio e il cambio di gestione. Un giorno comprai un soprammobile, avevo accantonato i soldi facendo la cresta sulla spesa, lo desideravo proprio e quando lo portai a casa lo misi sul tavolino della sala. Raccomandai i miei figli la massima attenzione per non romperlo.
Purtroppo un giorno tornai a casa e vidi i miei figli troppo calmi. Entrai in sala e vidi il mio bel vaso rotto. Urlai, gridai e mi misi a piangere. A quel punto mio figlio venne verso di me con un fazzolettino dentro il quale c’erano infiniti pezzettini di cotto e i due pezzi più grossi: “Mamma, scusaci, non lo abbiamo fatto di proposito. Tieni: abbiamo raccolto anche la più piccola parte di terracotta perché tu possa ripararlo”. Fu cosi che fra una lacrima e un sorriso rimisi a posto il vaso.
Da allora sono passati almeno 30 anni ma lo tengo ancora sul mobile nell’entrata di casa mia. Ogni volta che lo guardo mi tornano in mente tutti gli anni trascorsi ad Albisola, che per me è diventata la mia seconda città. Ricordi di bambini felici tra le onde del mare, gelati buonissimi e gente simpatica. Tutto chiuso nel mio piccolo vaso di pandora (sono diventata anche io una pittrice di ceramiche ma il tipico monocolore Savonese lo lascio fare ai maestri bottegai di Albisola).