Un piatto di Lindsay Kemp
Non sono una collezionista di ceramiche da esposizione. Ho qualche piatto, eredità di famiglia, tipo il classico natalizio blu della Royal Copenhagen, e qualche ricordo di viaggi fatti da altri ma che, per vie traverse, sono finiti sulla parete della mia cucina. Sono rimasta stupita, quindi, nel ricevere in dono qualche mese fa per un’occasione importante, un piatto in ceramica.
Chi me lo ha regalato conosceva bene il motivo per cui l’avrei apprezzato: l’immagine che vi è dipinta sopra. Appartiene a un artista che ho seguito fin da ragazza, amando la danza e il teatro, e che mi ha sempre affascinato con i suoi spettacoli unici e sognanti, pieni di lirismo, magia e stupore. È uno dei pochi esemplari che Lindsay Kemp ha dipinto.
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L’immagine naif dei due personaggi – sembrano in realtà bambini mascherati da marinai, uniti in un abbraccio – rimanda al forte legame che lui, come me, ha con il mare. Entrambi proveniamo da una città la cui vita, lavorativa e sociale, ruota attorno a questo importante elemento. Non conosco quali tortuose strade abbiano portato quest’artista a scegliere di vivere proprio a Livorno, ma so che ci abitava volentieri e si sentiva a casa, come spesso dichiarava nelle interviste che ho letto.
Il piatto non è stato appeso con gli altri in cucina, stavolta, ma ha avuto una collocazione diversa, un posto dove posso ammirarlo quando mi rilasso: con i suoi tenui colori, i particolari dipinti e le facce buffe dei bambini-marinai, mi trasmette sempre buon umore. Ha svolto molto bene il suo compito fino a qualche settimana fa.
Una mattina di fine agosto ho appreso che il suo realizzatore aveva deciso di stupirci tutti con il suo più grande e improvviso colpo di scena nello spettacolo della vita: se n’è andato senza concederci un bis, senza sollevare più le tende rosse di un teatro, sbucando con quel suo viso senza tempo a rassicurarci con l’inconfondibile mimica che è tutto uno scherzo. Passata la sorpresa e il dolore, solo da alcuni giorni riesco a guardare di nuovo il piatto e il suo disegno.
I marinai bambini sono lì, sempre sorridenti. I loro visi bianchi e la bocca rossa ricordano tanto il trucco di scena del maestro Kemp ma la sua scomparsa è una ferita ancora fresca. L’espressione serena delle due figure sono certa voglia comunicarmi qualcosa o magari tenermi solo compagnia quando la guardo. So che quel piatto, adesso, si è caricato di un fardello che prima non aveva: oltre a conservare la sua funzione estetica è diventato un testimone prezioso, non solo per me. È un’ulteriore espressione, insieme agli spettacoli, ai costumi, ai disegni, attraverso la quale Lindsay Kemp e la sua arte rimarranno vivi. Quasi lui si fosse scisso in molteplici forme per rimanere con noi.