Ardilla
– Dai, Anna, smettila di bucare il prato! Tanto non troverai mai l’acqua!
– Ancora un momento, mammina! Ti prego.
– Lascia stare, Anna. Non siamo in riva al mare, che scavi nella sabbia e trovi l’acqua del mare.
– E allora io l’acqua ce la porto. E con la terra bagnata faccio le formine. E anche i castelli, e le maschere, come faceva nonna Giò.
– Ma quella non era terra del giardino! Quella era “argilla”, una terra speciale, che la muovi con le mani, e si lascia muovere, modellare, e fai le forme che vuoi. E poi la cuoci, e quella forma rimane per sempre, e poi la puoi colorare, e la metti di nuovo nel forno e la ricuoci, e anche il colore rimane per sempre.
– La cuoci nel forno, come una torta?
– In un forno, sì, ma caldissimo, con delle fiamme ardenti, ardentissime!
– È per questo che si chiama “ardilla”, mamma?
Leggi tutto
Ricordo ancora la risata di mia madre, una risata scoppiettante, “arzilla” (ora posso giocare con le parole con consapevolezza), e i suoi baci allegri, anche quelli “arzilli”.
Da mia nonna Giò ho ereditato la passione per la creta, per la ceramica e ne sono felice. Dei tanti oggetti creati da mia nonna, quello a cui sono più affezionata è una maschera rotonda, coloratissima, che ancora oggi brilla sul muro del patio della mia casa al mare. È una delle sue prime creazioni.
Ha girandole negli occhi di sole, cielo e mare tra le labbra, tramonti rotanti sulle gote, e sulla fronte un labirinto di triangoli che ti porta verso l’infinito e rompe l’oceano mare, che con le sue onde regolari segna i confini del mondo, di quel mondo, di quel viso.
Un tempo, ai lati della maschera c’erano grossi orecchini pendenti, che riprendevano il tema dei tramonti rotanti e dei labirinti di triangoli, ma un certo giorno finirono appesi alle orecchie di mia mamma, allora ragazza, che – così si narra – li esibiva ogni volta che voleva stupire e ammaliare qualcuno. E, a quanto pare, anche mio padre ci cascò.
Insomma, con o senza orecchini, questa maschera è sempre stata magica, un misto di mistero e solarità. La solarità dei suoi colori brillanti, sempre uguali, mai scalfiti dal vento, dal sole, dalla pioggia, e il mistero di quei labirinti, di quegli occhi fissi e scrutanti.