La storia più normale
Potrei scrivere una storia per ogni teiera della mia collezione. Ebbene sì, colleziono teiere. Ho iniziato per caso, qualche teiera acquistata sui mercatini dell’antiquariato, qualcuna regalatami da chi sapeva come farmi felice. Ho teiere per ogni occasione e da ogni parte del mondo in cui il tè è un’arte: Giappone, Cina, Marocco, Gran Bretagna. Ho teiere buffe e teiere classiche, ho teiere in ghisa e teiere in vetro, ma soprattutto ho teiere in ceramica. Le mie teiere raccontano storie e addirittura in passato ho scritto un racconto dedicato ad esse.
Questa piccoletta qui ha la storia più normale di tutte: era in vendita. Stava in esposizione in un’erboristeria, durante il periodo di Natale. Un prodotto in serie destinato a diventare un articolo regalo. Prezzo conveniente, costituiva un elegante pacchetto se abbinata a un tè nero aromatizzato ai fiori. L’ho vista, ed è stato amore. Più che amore, mi ha suscitato un’irresistibile simpatia.
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Ma guardatela: col suo manico che sembra un gomito piegato sul fianco e il beccuccio che sembra un braccio alzato pronto a dire la sua, con il suo corpo che sembra voglia venire in avanti. Mi ha ricordato da subito la zuccheriera burbera del cartone animato Disney La spada nella roccia, ve la ricordate? Col suo cucchiaino pronta a bacchettare Semola. Ecco, questa teierina qui sembra che col beccuccio agiti il ditino a dire «Eh-eh-eh! Te l’avevo detto!».
Così quella volta ero entrata in erboristeria per acquistare regali per amici e parenti, uscii con un regalo per me. La adoro, è sempre con me, trasloco dopo trasloco; fa bella mostra di sé nella vetrinetta insieme alle altre teiere della mia collezione.
Mi piace pensare che gli oggetti abbiano un’anima, soprattutto che abbiano la possibilità di vivere infinite storie. Sono oggetti, oggetti che si acquistano, si usano, si mettono da parte quando non si ha più voglia di loro. Quindi, in qualche caso fortunato, vengono rimessi in vendita, perché possano avere la chance di un’altra vita; altrimenti vengono gettati per sempre. E solo a qualche archeologo chissà quando potranno interessare, ormai ridotti in cocci, anzi frammenti che vanno ricostruiti.
Ah, per inciso: non ho mai usato la mia teierina in quanto tale: non ha mai preparato né servito tè (eppure io ne bevo tanti): sta lì, in vetrina. È venuta con me in TV (che emozione! Chissà se Magalli si ricorda!), ma non è mai stata colmata di acqua calda e non ha mai sentito profumo di tè. A pensarci bene, un po’ mi dispiace, ora che la guardo lì, in vetrina, e forse il suo atteggiamento burbero dice proprio questo: «Aoh, ma mi vuoi utilizzare per quello che sono, ovvero una teiera? Fammi servire un tè, non mi far stare in vetrina qui dentro per sempre!». Forse l’ascolterò questa volta.