la prima ceramicase non è amore questo

Una storia di
Flavia Fusaro da Mestre (VE)

Fil rouge

Il ricordo un po’ confuso e annebbiato di bambina di 6 o 7 anni: una piccola salita per arrivare ad una grande stanza con dentro poche persone ma piena di oggetti strani. Tavoloni di legno, “cose” che giravano con sopra terra che diventava un vaso, umidità e odore forse di terra bagnata.

Siamo tornati con due vasi e una ciotola. Li ho sempre visti in casa: nella ciotola a disegni stilizzati verdi e arancio con il manico in bambù e plastica la mamma metteva le noci. Un vaso con tre portafiori e un cervo al centro torreggiava in soggiorno sulla credenza di Cantù. L’altro vaso con il coperchio l’ho sempre visto in un angolo del corridoio: c’era un paesaggio giapponese con tanto di geisha. L’ho guardato spesso nei particolari tanto che ad un carnevale ho chiesto di avere il costume da giapponese.

Frugavo ogni tanto nelle credenze per sapere cosa nascondevano. Lo facevo di nascosto come entrassi in un mondo invisibile, che svelava ogni volta dei segreti: i piatti della nonna e quelli della mamma con i fiorellini, le tazzine con le damine, le caraffe con i tralci di edera. Non finivo mai di cercare e di guardare. Questi oggetti mi piacevano già allora, non sapendone il valore, ma cogliendone la storia e soprattutto la bellezza.

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